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Space economy. Assegnato alla X Commissione Attività produttive della Camera il disegno di legge governativo recante disposizioni in materia.

Space economy. Si tratta di una iniziativa di grande rilevanza, anche considerato il progressivo ingresso dei privati nel settore delle attività spaziali, ciò che  segna un mutamento di passo anche nella regolazione, che dal diritto pubblico internazionale scende a permeare il diritto pubblico nazionale e il diritto privato. 

Nell’Unione europea, 10 dei 24 Stati membri hanno adottato o recentemente modificato legislazioni spaziali nazionali. 

La Francia, ad esempio, si è dotata di una legge sulle operazioni spaziali fin dai primi anni Duemila (legge n. 2008- 518 del 3 giugno 2008) definendo la nozione di « operatore spaziale » e regolamentando le attività spaziali mediante un regime autorizzatorio. 

L’Italia è invece ancora priva di una disciplina, sebbene sia parte di trattati internazionali che regolano l’accesso degli Stati allo spazio extra-atmosferico e alle risorse spaziali. Segnatamente, l’Italia è parte del Trattato sui princìpi che regolano le attività degli Stati nell’esplorazione e nell’uso dello spazio extra atmosferico, ivi compresi la luna e gli altri corpi celesti (Outer Space Treaty – OST), ratificata ai sensi della legge 28 gennaio 1970, n. 87; dell’Accordo per il salvataggio degli astronauti, il ritorno degli astronauti e la restituzione degli oggetti inviati nello spazio extra-atmosferico, reso esecutivo con decreto del Presidente della Repubblica 5 dicembre 1975, n. 965; della Convenzione sulla responsabilità internazionale per i danni causati da oggetti spaziali (Liability Convention 1972); della Convenzione del 1975 sull’immatricolazione degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico.  

La Convenzione sulla responsabilità internazionale per i danni causati da oggetti spaziali è stata ratificata ai sensi della legge 5 maggio 1976, n. 426, mentre la legge 25 gennaio 1983, n. 23, ha dettato specifiche disposizioni di attuazione in materia di risarcimento dei danni a persone fisiche o giuridiche di nazionalità italiana causati da oggetti spaziali lanciati da uno Stato straniero. Successivamente, la legge 12 luglio 2005, n. 153, nell’autorizzare l’adesione dell’Italia, ha introdotto norme di esecuzione della Convenzione del 1975 sull’immatricolazione degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico, soprattutto con riguardo ai soggetti privati tenuti a notificare l’avvenuto lancio di tali oggetti, in assenza, peraltro, di una normativa generale regolatrice del rapporto fra detti privati e lo Stato italiano responsabile delle loro attività sul piano internazionale. 

Si tratta, quindi di un quadro normativo che, oltre ad essere scarno e lacunoso, è riferito a un contesto generale, giuridico ed economico, in cui l’attività spaziale era sostanzialmente appannaggio degli Stati e delle relative Agenzie governative. 

Struttura e contenuti del disegno di legge. 

Considerato quanto sopra, il disegno di legge, sulla base dell’evoluzione globale del comparto – caratterizzata come anzi detto dal crescente ruolo degli operatori privati – reca un insieme organico di norme, in coerenza con gli accordi internazionali sottoscritti e ratificati dall’Italia, aventi a oggetto le attività spaziali condotte dai predetti operatori, di qualsiasi nazionalità, a partire dal territorio italiano, ovvero ovunque condotte da operatori privati di nazionalità italiana, dando piena esecuzione all’obbligo di autorizzazione e vigilanza continua delle attività spaziali private sancito dall’articolo VI dell’OST. 

In questa chiave è disciplinata una serie di aspetti rilevanti che concernono il regime autorizzatorio cui le attività spaziali private sono sottoposte, la definizione dei requisiti di capacità tecnica e professionale, la valutazione preventiva del rischio connesso all’attività autorizzata, l’introduzione di un regime di assicurazione obbligatorio e la materia della responsabilità per danni causati dalle attività spaziali. 

Il disegno di legge si compone di 31 articoli, suddivisi in cinque titoli, di seguito illustrati. 

Il titolo I, composto di due articoli, è dedicato all’enunciazione delle finalità dell’intervento normativo (articolo 1) e alle definizioni applicabili ai fini del disegno di legge (articolo 2). 

L’articolo 1, rubricato « Accesso allo spazio », individua nella regolamentazione dell’accesso allo spazio da parte degli operatori la finalità dell’intervento normativo. 

Lo scopo, infatti, è quello di coltivare e rafforzare nuove collaborazioni internazionali, migliorare il sistema imprenditoriale e diversificare le partecipazioni del Paese nonché valorizzare le nuove tecnologie correlate all’osservazione della Terra nell’ambito delle attività di previsione e prevenzione dei rischi connessi con i fenomeni naturali e di origine antropica. 

L’articolo 2 introduce un elenco di definizioni utili ai fini dell’applicazione della legge, specificando i concetti fondamentali ai fini della chiara comprensibilità della stessa. In particolare, viene definita l’« attività spaziale », ossia il lancio, il rilascio, la gestione in orbita e il rientro di oggetti spaziali. Poiché l’autorizzazione alle attività spaziali è un atto di alta amministrazione, come tale destinato a valere nei rapporti internazionali, l’« Autorità responsabile » viene individuata nel Presidente del Consiglio dei ministri o nell’Autorità con delega alle politiche spaziali e aerospaziali. Differenti funzioni sono svolte dall’Agenzia spaziale italiana (di seguito denominata « Agenzia »). Le norme in materia di esercizio dell’attività spaziale si incentrano sul concetto di autorizzazione, ossia il provvedimento amministrativo rilasciato dall’Agenzia al fine di autorizzare l’operatore spaziale all’esercizio delle attività spaziali. È definito « costellazione satellitare » un gruppo di satelliti adibiti ad una missione comune e gestito in modo coordinato. Alla lettera g) è inserita la definizione di « dati di origine spaziale », ossia i dati generati da sistemi spaziali di osservazione della Terra, dati di osservazione di altri oggetti spaziali o dello spazio e dati di emissioni elettromagnetiche provenienti da terra, mentre alla lettera successiva è definito il concetto di « lancio » valevole ai fini del presente disegno di legge. L’attività di controllo effettivo dell’oggetto spaziale è definita « gestione in orbita », mentre per l’« oggetto spaziale » si riporta la definizione di cui all’articolo I, lettera d), della Convenzione del 1972 sulla responsabilità internazionale per i danni causati da oggetti spaziali e dall’articolo I, lettera b), della Convenzione sull’immatricolazione degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico del 1975 (« l’oggetto spaziale, ciascuno dei suoi elementi, il veicolo di lancio e ciascuno degli elementi di quest’ultimo »). Successivamente viene inserita la definizione di « operatore spaziale », ossia la persona fisica o giuridica che conduce, o intende condurre, sotto la propria responsabilità e in modo indipendente, l’attività spaziale. Dopo aver individuato la definizione di « rientro » (lettera n)), la lettera o) si concentra sul fondamentale concetto di « Stato di lancio », ossia lo Stato come definito dall’articolo I, lettera c), della Convenzione del 1972 sulla responsabilità internazionale per i danni causati da oggetti spaziali. Inoltre vengono fissate le definizioni di « terzi », escludendo da tale concetto i terzi contraenti e sub-contraenti dell’operatore, e di « territorio italiano », costituito dalle aree terrestri e marittime sottoposte alla sovranità dello Stato, comprese le acque interne e territoriali e lo spazio aereo nazionale, le navi e gli aeromobili di nazionalità italiana, le stazioni spaziali italiane nonché le installazioni sottoposte alla giurisdizione o al controllo dello Stato, anche in forza di trattati internazionali. In conclusione, le lettere r) e s) contengono le definizioni di « previsione » e « prevenzione » dei rischi connessi con i fenomeni naturali o di origine antropica. 

Il titolo II contiene le norme in materia di esercizio delle attività spaziali da parte di operatori spaziali, sancendo innanzitutto, all’articolo 3, l’ambito di applicazione del titolo, individuato nelle attività spaziali condotte da operatori di qualsiasi nazionalità, nel territorio italiano, e nelle attività spaziali condotte da operatori nazionali al di fuori del territorio italiano. 

L’articolo 4 prevede l’obbligo di autorizzazione espressa per l’esercizio di attività spaziali da parte di tali soggetti. 

Ne consegue che tutti gli operatori identificati dall’articolo precedente sono tenuti ad ottenere la detta autorizzazione, non trasferibile senza l’assenso dell’autorità responsabile, secondo quanto previsto dall’articolo 10. L’autorizzazione, a norma del comma 2, può riguardare una singola attività spaziale o una serie di attività dello stesso tipo ovvero tra di esse interconnesse. 

Nel comma 3 si precisa che il rilascio dell’autorizzazione è subordinato al rimborso dei costi di istruttoria nonché al versamento di un contributo da determinare avendo riguardo alla tipologia dei soggetti richiedenti, alle finalità della missione, al dimensionamento della stessa e al livello di rischio. 

Il comma 4 prevede che l’autorizzazione non sia richiesta se l’attività spaziale sia già stata autorizzata da altro Stato con il quale lo Stato italiano ha concluso un accordo internazionale relativo al riconoscimento dell’autorizzazione. 

Mentre il mutuo riconoscimento previsto da trattati non richiede alcuna attività amministrativa, il riconoscimento caso per caso dell’equivalenza dei criteri concretamente applicati da un’autorità estera richiede un’attività amministrativa complessa. 

L’attività di riconoscimento è tipizzata dal comma 5, il quale prevede che, qualora non sussista un accordo internazionale, il riconoscimento dell’autorizzazione rilasciata da altro Stato è disposto, a domanda dell’operatore, dall’Autorità responsabile ed è subordinato a un contributo, di importo non superiore al 50 per cento di quello determinato per la concessione dell’autorizzazione, con la previsione di un termine ridotto per la conclusione del procedimento. Tale esame è volto a evitare responsabilità internazionali dell’Italia per autorizzazioni rilasciate da altri Stati. 

Il comma 6, infine, prevede che le somme derivanti dai contributi di cui ai commi 3 e 5 sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e successivamente riassegnate al Fondo per l’economia dello spazio di cui all’articolo 23. 

L’articolo 5 individua nei princìpi e nei criteri della sicurezza dell’attività spaziale, della resilienza dell’infrastruttura satellitare rispetto a determinate categorie di rischi nonché della sostenibilità ambientale della stessa i requisiti oggettivi di idoneità tecnica necessari ai fini del rilascio dell’autorizzazione richiesta. 

In particolare, l’Unione europea è già da tempo promotrice di un approccio multi- laterale per garantire la salvaguardia della sicurezza e della sostenibilità a lungo termine delle attività nello spazio extra-atmosferico, con l’obiettivo di ridurre le minacce e i rischi per tutti i sistemi spaziali. L’Unione europea è impegnata da decenni nella salvaguardia di uno spazio extra-atmosferico sicuro, sostenibile e stabile, e mantiene il suo impegno a garantirne l’uso pacifico. Il presente disegno di legge persegue questo obiettivo, ponendolo come requisito necessario ai fini del rilascio dell’autorizzazione. 

La resilienza dell’infrastruttura satellitare rispetto ai rischi informatici si traduce nel rafforzamento delle difese cibernetiche, mirando ad aumentare la resilienza informatica dell’Italia, con particolare attenzione al settore della pubblica amministrazione, al fine di affrontare in modo più efficace l’evoluzione continua di questo tipo di minacce, di rilevare gli incidenti e di garantire il controllo dei diritti di accesso. 

Tra i requisiti oggettivi, quello della sostenibilità ambientale è conforme alle misure internazionali di riduzione dei detriti al fine di migliorare la sostenibilità a lungo termine dei voli spaziali. 

L’articolo 6 stabilisce i requisiti soggettivi, che devono sussistere unitamente ai requisiti oggettivi di cui all’articolo precedente, ai fini del rilascio dell’autorizzazione. Oltre al possesso dei requisiti generali di condotta e alle capacità professionali e tecniche, la cui mancanza è causa di esclusione automatica, è necessaria la dimostrazione di adeguata solidità finanziaria, commisurata ai rischi associati all’attività spaziale da condurre. Tale verifica risulta necessaria in quanto l’adeguata solidità finanziaria è strettamente legata alla previsione della risarcibilità dell’eventuale danno da parte dell’operatore anche oltre i limiti dei massimali assicurativi. 

L’autorizzazione è, inoltre, subordinata alla stipulazione di un contratto assicurativo di copertura del rischio ovvero di altro idoneo strumento di garanzia, costituendo, dunque, al pari delle altre, condizione ineludibile per il rilascio dell’autorizzazione. Infine, è previsto che l’autorizzazione sia subordinata alla disponibilità di un servizio di prevenzione delle collisioni provvisto da un fornitore abilitato. 

L’articolo 7 determina le fasi del procedimento autorizzativo prevedendo, al comma 1, che la richiesta di autorizzazione è presentata all’Autorità responsabile e che successivamente l’Agenzia spaziale italiana provvede agli accertamenti tecnici a essa delegati entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della domanda. L’Agenzia può effettuare accessi o ispezioni per verificare il possesso dei requisiti tecnici dichiarati, la sussistenza e l’idoneità degli apparati e dei sistemi di gestione e tutto quanto necessario al fine delle verifiche di propria competenza. In caso vengano disposti accertamenti tecnici, il termine è sospeso per un periodo complessivo non superiore a trenta giorni. 

Il comma 2 prevede che, in caso di esito negativo dell’accertamento tecnico da parte dell’Agenzia, l’istruttoria non possa proseguire e l’Agenzia formuli una proposta all’Autorità responsabile, la quale adotta il provvedimento finale e lo comunica tempestivamente al richiedente. 

Il comma 3 specifica che, in caso di esito positivo dell’accertamento condotto dall’Agenzia, la stessa trasmetta gli atti all’Autorità responsabile, al Ministero della difesa e alla Segreteria del Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e alla ricerca aerospaziale (COMINT), integrato per l’esame delle richieste di autorizzazione dal Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri o da un suo delegato. Il COMINT può inoltre sentire altre amministrazioni interessate all’attività spaziale oggetto di autorizzazione, non rappresentate nell’ambito del Comitato medesimo, nonché gli organismi di informazione per la sicurezza, di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 124, il Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri e l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. 

Il comma 4 prevede che, nel caso in cui il COMINT ritenga che non sussistano le condizioni per negare l’autorizzazione, formuli la proposta di autorizzazione all’Autorità responsabile, indicando i diritti e gli obblighi dell’operatore ed eventuali prescrizioni tecniche a cui lo stesso debba adempiere. 

Il comma 5 prevede che, nell’ipotesi in cui il COMINT ritenga sussistenti le condizioni per negare l’autorizzazione ovvero nel caso in cui una o più delle amministrazioni componenti il medesimo Comitato richiedano che la proposta sia sottoposta alla deliberazione del Consiglio dei ministri, il Comitato formula la proposta di autorizzazione o di diniego dell’autorizzazione e predispone lo schema di provvedimento per la deliberazione del Consiglio dei ministri. 

Il comma 6 prevede che la decisione sulla domanda di autorizzazione è adottata dall’Autorità responsabile entro il termine massimo complessivo di centoventi giorni dalla presentazione della domanda. 

Il comma 7 prevede che l’autorizzazione all’attività spaziale sia negata nei casi cui la stessa possa costituire o agevolare un pregiudizio attuale o potenziale per gli interessi essenziali o di particolare rilievo per la nazione o in presenza di motivi oggettivi che possano far ritenere possibile un qualche collegamento tra l’acquirente e Paesi che non riconoscano determinati princìpi del diritto internazionale o che abbiano collegamenti con organizzazioni criminali o terroristiche. Parimenti l’autorizzazione è negata se lo scopo dell’attività spaziale è in contrasto con un interesse fondamentale della Repubblica. 

Il comma 8 precisa che il provvedimento di autorizzazione indica i diritti e gli obblighi dell’operatore e stabilisce, se necessario, le prescrizioni da ottemperare per la mitigazione del rischio, anche in relazione all’acquisizione dei nulla osta di sicurezza di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 3 agosto 2007, n. 124, qualora necessari per l’esercizio dell’attività spaziale. Tale provvedimento stabilisce altresì la data entro cui l’operatore deve dare inizio all’attività e la durata dell’autorizzazione, che può essere prorogata su istanza dell’operatore, previo accertamento della permanenza dei requisiti e delle condizioni che ne hanno consentito il rilascio. 

Il comma 9, infine, integra la composizione del COMINT disponendo che dello stesso faccia parte anche l’Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica di cui all’articolo 3, comma 1, della legge 3 agosto 2007, n. 124. 

Il successivo articolo 8, rubricato « Modifica dell’autorizzazione per ragioni sopravvenute », prevede che l’operatore, nel caso in cui venga a conoscenza che si è verificato o che si può verificare un mutamento delle circostanze esistenti al momento del rilascio dell’autorizzazione, debba chiedere la modifica dei termini e delle condizioni dell’autorizzazione, utilizzando la medesima procedura prevista per il rilascio, i cui termini sono dimezzati. 

Il comma 2 contiene una deroga alla legge sul procedimento amministrativo, poiché consente all’Autorità responsabile, di propria iniziativa o anche su segnalazione di altra amministrazione competente, di modificare in ogni tempo le condizioni dell’autorizzazione o di procedere alla sua revoca o annullamento in virtù esigenze di rango superiore quali la sicurezza nazionale o la necessità di evitare un rischio imminente. Anche in questa ipotesi l’Autorità ha la possibilità di imporre prescrizioni per la prosecuzione o l’interruzione dell’attività spaziale in condizioni di sicurezza. 

L’articolo 9 si occupa della sospensione o della decadenza dall’autorizzazione per mancata osservanza delle prescrizioni autorizzative, la quale può essere sempre decisa dall’Autorità nei casi indicati dalla norma. In particolare, tale decisione può essere adottata qualora vi sia violazione degli obblighi imposti dalla legge o dall’autorizzazione concessa, non sia stato rispettato il termine per l’avvio delle attività spaziali come stabilito dall’autorizzazione o vi siano state modifiche sostanziali all’attività stessa, sia venuta meno la garanzia adeguata per i rischi connessi all’attività, la documentazione o le informazioni risultino errate oppure vi sia l’esigenza di tutelare interessi di rango superiore, nonché in tutti i casi in cui l’operatore abbia perduto i requisiti necessari per il rilascio o nei casi di diniego del rilascio di abilitazioni di sicurezza necessarie per l’esercizio dell’attività spaziale. 

Il comma 2, differentemente da quanto previsto dall’articolo precedente, stabilisce che l’Autorità, prima di adottare la decisione, informa l’operatore, il quale può fornire chiarimenti o documentazione. Il contraddittorio tra le parti è tuttavia escluso nel caso in cui l’Autorità abbia deciso di sospendere o revocare l’autorizzazione per diniego del rilascio o revoca di abilitazioni di sicurezza, trattandosi di una condizione necessaria il cui diniego non può ritenersi superabile sulla base delle argomentazioni delle parti. 

Il comma 3 prevede che con la decisione di sospensione o revoca l’Autorità possa imporre tutto quanto necessario per la prosecuzione o l’interruzione dell’attività e, in casi eccezionali di necessità ed urgenza anche derivanti dall’adempimento di obblighi internazionali, trasferirne il controllo a un altro operatore o a un soggetto pubblico. 

Questo potere su beni privati, che trasforma lo Stato da controllore a gestore o addirittura conferisce a esso un potere di disposizione, se non della proprietà, dell’uso di beni economicamente significativi, comporta anche uno spostamento dell’onere finanziario e della connessa responsabilità, non solo civile. Per tale motivo, lo stesso risulta circoscritto a casi eccezionali, analogamente ai poteri dell’autorità di pubblica sicurezza previsti dell’articolo 2 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, o ai poteri di ordinanza del Ministro della salute di cui all’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Nel presente caso, il fondamento di questo tipo di misura contingibile si può trovare nell’obbligo internazionale – derivante dagli articoli VI e VIII dell’OST – di mantenere la giurisdizione e l’effettiva sorveglianza sulla condotta dell’operatore spaziale e sull’esito delle operazioni spaziali nazionali e nella connessa responsabilità internazionale per i danni, prevista dall’articolo VII del medesimo trattato. Non si può tuttavia intendere che l’esercizio di tale potere sia limitato ai soli casi in cui vengono in rilievo gli obblighi internazionali, perché potenziali danni in Italia sono solo marginalmente oggetto di tali obblighi. 

Il comma 4 pone a carico dell’operatore gli oneri derivanti dalla sospensione o dalla revoca. 

Il successivo articolo 10, relativo al trasferimento dell’attività spaziale o della proprietà dell’oggetto spaziale, prescrive che in ogni caso lo stesso sia autorizzato dall’Autorità responsabile. 

Alla medesima disciplina è assoggettata l’ipotesi in cui siano trasferiti la proprietà, la gestione o il controllo di un oggetto spaziale lanciato in orbita, specificando che l’autorizzazione è necessaria qualora lo stesso sia impiegato in attività spaziali sottoposte ad autorizzazione ai sensi del presente disegno di legge. 

Il comma 2 prevede che in questo caso i tempi del procedimento autorizzatorio siano dimezzati, così come l’importo del contributo previsto per la richiesta di autorizzazione. 

Il comma 3 specifica che il procedimento previsto per il trasferimento dell’attività spaziale o della proprietà dell’oggetto spaziale si applica anche per le autorizzazioni estere, le quali, appunto, sono solo riconosciute e quindi formalmente non munite di un’autorizzazione italiana. 

L’ipotesi di trasferimento presa in considerazione dalla norma è di tipo volontario e si distingue dall’ipotesi di cui all’articolo precedente, in cui invece lo stesso è operato dallo Stato iure imperii. 

L’articolo 11 disciplina lo svolgimento dell’attività di vigilanza sulle autorizzazioni concesse individuando nell’Agenzia spaziale italiana l’autorità preposta. 

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