PROROGA DELLE CONCESSIONI BALNEARI AL 2033. ITALIA MESSA IN MORA.

Dic 5, 2020 | Concessioni, Diritto dell’Unione europea, Diritto della concorrenza, Antitrust e Aiuti di Stato

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PROROGA DELLE CONCESSIONI BALNEARI AL 2033. ITALIA MESSA IN MORA.

La Commissione europea chiede all’ITALIA di garantire trasparenza e parità di trattamento per quanto riguarda le concessioni balneari.  

La Commissione europea ha inviato giovedì scorso 3 dicembre 2020 una lettera di costituzione in mora all’Italia in merito al rilascio di autorizzazioni relative all’uso del demanio marittimo per il turismo balneare e i servizi ricreativi (concessioni balneari). La Commissione osserva che gli Stati membri sono tenuti a garantire che le autorizzazioni, il cui numero sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali (ad esempio le spiagge), siano rilasciate per un periodo limitato e mediante una procedura di selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi. L’obiettivo è fornire a tutti i prestatori di servizi interessati – attuali e futuri – la possibilità di competere per l’accesso a tali risorse limitate, di promuovere l’innovazione e la concorrenza leale e offrire vantaggi ai consumatori e alle imprese, proteggendo nel contempo i cittadini dal rischio di monopolizzazione di tali risorse. La Commissione sottolinea che in una sentenza del 14 luglio 2016 emessa a seguito di un rinvio pregiudiziale del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia (cause riunite C-458/14 e C-67/15), la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che la normativa pertinente e la pratica esistente a quel tempo in Italia di prorogare automaticamente le autorizzazioni vigenti delle concessioni balneari erano incompatibili con il diritto dell’Unione. L’Italia non ha attuato la sentenza della Corte. Inoltre l’Italia ha da allora prorogato ulteriormente le autorizzazioni vigenti fino alla fine del 2033 e ha vietato alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l’assegnazione di concessioni, che altrimenti sarebbero scadute, violando così il diritto dell’Unione. La Commissione ritiene dunque che la normativa italiana, oltre a essere incompatibile con il diritto dell’UE, sia in contrasto con la sostanza della sentenza della CGUE sopra menzionata e crei incertezza giuridica per i servizi turistici balneari, scoraggi gli investimenti in un settore fondamentale per l’economia italiana e già duramente colpito dalla pandemia da coronavirus, causando nel contempo una perdita di reddito potenzialmente significativa per le autorità locali italiane.

L’Italia dispone ora di 2 mesi per rispondere adeguatamente alle argomentazioni sollevate dalla Commissione.

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